La pelle come confine tra noi e l’altro

Pelle come ocnfine

“Noi siamo il nostro corpo ed esso rivela chi siamo”
Alexander Lowen

Quante volte in situazioni imbarazzanti siamo diventati rossi da voler sotterrarci e non rialzarci più? O quante volte di fronte a situazioni stressanti abbiamo le mani sudate?

Sembra proprio che la pelle in primis esprima il nostro disagio e le nostre emozioni. Ma come mai proprio la pelle?

In fondo, se ci pensiamo bene, il primo contatto che abbiamo pelle a pelle è quello che si instaura tra la madre e il bambino appena nato, alla ricerca di “nutrimento”, di protezione e di accoglimento che solo quel contatto sa dare.

Molti studi in ambito neonatale hanno dimostrato che il contatto pelle a pelle migliora le facoltà respiratorie del neonato, la termoregolazione e aiuta nel processo di avvio alla lattazione.

Possiamo quindi comprendere che la pelle è un importantissimo organo che racconta molto di noi stessi e di come ci rapportiamo con gli altri.

Spesso ci viene da dire: “questa persona a pelle proprio non mi piace”, oppure: “mi viene la pelle d’oca” per confermare che la pelle a contatto con un’altra provoca delle reazioni e che in qualche modo percepisce “l’altro” esterno a noi in un certo modo.

Essa, più di altri organi, esprime in modo significativo quando c’è un conflitto tra mondo interno e mondo esterno, tant’è che molti disturbi relativi a questo organo sono considerati ormai psicosomatici: l’eczema, la psoriasi, la dermatite.

Senza entrare nei dettagli di ciascun disturbo, la pelle si “mostra” all’esterno, con il rossore, le pustole, le desquamazioni, le macchie; non c’è nulla di nascosto, la pelle indica chiaramente che c’è una sorta di conflitto tra ciò che c’è dentro e ciò che si vuole esprimere all’esterno. Essa fa da confine tra noi stessi e gli altri.

Possiamo quindi parlare della pelle come simbolo dell’identità, così come racconta il mito di Marsia, satiro che perse la sfida musicale con Apollo e che venne scorticato vivo interamente e la sua pelle sospesa e inchiodata ad un albero. Il “togliere la pelle” era simbolo di annientamento, di eliminazione, un “estirpare” l’identità altrui.

Si può quindi evincere che i disturbi relativi ad essa possano essere letti come dei messaggi con cui la nostra pelle sta cercando di esprimere una battaglia che si sta combattendo tra il fuori e il dentro.

Quando è utile quindi affidarsi ad uno psicoterapeuta quando si parla di pelle?

Sicuramente sono fondamentali degli esami medici per comprendere la natura del problema e, se necessario adottare una terapia farmacologica adatta.

In parallelo, condividere con uno psicoterapeuta cosa sta accadendo al nostro corpo è altrettanto fondamentale: ricordiamoci che alcune problematiche legate alla pelle sono invalidanti e di conseguenza portatrici di emozioni di difficile gestione: ansia, rabbia, calo di autostima.

È fondamentale quindi, comprendere il senso più profondo di questi disturbi che indicano un “non equilibrio”, trattenendo e a volte reprimendo emozioni che, all’interno di una relazione terapeutica possono essere esternate e finalmente trovare uno spazio in cui essere viste ed ascoltate per non intaccare l’identità della persona.

Il nostro corpo parla, siamo noi che non ascoltiamo.

Dott.ssa Giulia Martini

Psicologa Psicoterapeuta

Condividi l'articolo:

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Telegram