La dipendenza affettiva rientra nelle nuove dipendenze, in cui l’oggetto che crea dipendenza non è una sostanza chimica, come accede per la dipendenza da alcool o da sostanze, ma un comportamento o un’attività che è parte integrante della vita quotidiana.
Ogni amore porta con sé un grado di dipendenza dal partner, l’interdipendenza è infatti necessaria alla creazione del legame affettivo e al benessere del rapporto, ma può diventare dipendenza patologica nel momento in cui il legame è l’unica fonte di benessere per l’individuo che si disinteressa di tutto quello che non è l’oggetto d’amore, arrivando alla perdita del contatto con la realtà attraverso la negazione dei propri bisogni e la rinuncia del proprio spazio vitale pur di non perdere il partner, considerato unica e sola fonte di gratificazione, nonché fondamentale fonte di “amore” e di cura.
Ma come mai si arriva a questo? Perché alcune persone non riescono a vivere senza l’altro?
Come dicevo all’inizio, nella dipendenza affettiva l’oggetto fonte di dipendenza è il proprio partner che viene investito del compito di colmare un vuoto affettivo presente, solitamente nella donna, fin dall’infanzia.
Nella storia familiare queste donne non hanno potuto provare “l’amore incondizionato” tipico del rapporto genitori – figli perché questi erano talmente occupati con le loro sofferenze irrisolte da non vedere i bisogni necessari alla figlia per strutturare la propria capacità auto-riflessiva; la bambina quindi, non essendo in grado di leggere i propri bisogni, impara a non dargli importanza e, pensando di non essere degna di essere amata per quello che è, apprende che l’unico modo possibile per ricevere attenzioni e amore è guadagnarlo comportandosi seguendo lo stereotipo culturale della “brava bambina” che non si lamenta ed è sempre pronta ad aiutare gli altri, senza avere lo spazio necessario per prendersi cura di Sé.
Se nell’infanzia nessuno è stato in grado di aiutarla a capire i propri bisogni emotivi difficilmente riuscirà a sviluppare un’autonomia affettiva e molto probabilmente diventerà una donna che vive ogni relazione con la costante paura di essere abbandonata se non fa abbastanza per meritare l’amore del partner, quindi si sentirà obbligata a mettere in campo tutte le sue energie per mantenere l’altro agganciato a lei.
In più, la scelta del partner di queste donne ricade solitamente su uomini sfuggenti, anaffettivi, irraggiungibili che alimentano il suo atteggiamento salvifico. Dedicandosi interamente a loro, alla soddisfazione dei loro bisogni è convinta che riuscirà ad ottenere il loro amore salvo poi scontrarsi con il fallimento.
La dipendente arriva a chiedere aiuto quando capisce che, nonostante tutti gli sforzi fatti, nessuno riuscirà mai a colmare il vuoto che ha dentro di sé o quando si rende conto che, nonostante la sua capacità di annullarsi completamente per essere amata, continua a soffrire e non riesce a raggiungere l’amore vero.
Che cosa fare a questo punto?
Rivolgersi ad uno psicoterapeuta è il primo passo per iniziare un viaggio alla riscoperta di Sé. Partendo da un lavoro sul qui e ora volto ad affrontare la sofferenza attuale, bisognerà rielaborare la propria storia, partendo dalla comprensione del proprio funzionamento e di come si è strutturato, attraversando le esperienze di abbandono e solitudine emotiva vissute, ascoltando la voce della propria parte bambina per imparare a sentire, conoscere e soddisfare i propri bisogni e a riacquistare la fiducia in se stessi e la capacità di non dover dipendere da qualcuno per essere amati.